RASSEGNA STAMPA
IL MANIFESTO - Scendere dal pulpito
Genova, 17 dicembre 2010
SCENDERE DAL PULPITO
Alessandro Dal Lago
Quanto sembra remoto l'unanimismo democratico di
«Vieni via con me», con l'officiante Fazio che assemblava tutto il
perbenismo nazionale - di centro, di destra e di sinistra - e
proclamava, parole sue, che la trasmissione era la prima della tv
post-berlusconiana! Sono passate poche settimane, ma sembrano anni. Il
Cavaliere, che i conti li sa fare, ha emarginato il suo oppositore
interno. I centristi, raccolte le loro sparse ed eterogenee truppe, si
leccano le ferite. Di Pietro ha abbassato la cresta e magari riflette
sulla selezione del personale politico dell'Idv. Il Pd tira un sospiro
di sollievo, perché per un po' le elezioni si allontanano...
E
soprattutto la rivolta del 14 dicembre ha mandato in pezzi quel buonismo
peloso e dolciastro che il centrismo di destra e di sinistra ha cercato
di contrapporre invano a Berlusconi. Bersani sui tetti, Granata sui
tetti - dopo che il primo non aveva fatto una grande opposizione per
fermare il Decreto Gelmini e il secondo si disponeva a votarlo.
Per il momento, il progetto di un berlusconismo senza
Berlusconi, di un moderatismo costituzionale e unanimista, perde colpi.
Come si è visto dalle straordinarie immagini dei palazzi del potere
assediati dai manifestanti, la rocciosa realtà del conflitto ha preso il
sopravvento sulla realtà illusoria e distraente delle rappresentazioni
mediali e delle «battaglie» parlamentari in cui la sola posta in gioco è
quale destra governerà il paese.
Il conflitto, appunto. Deve essere
il capo della polizia Manganelli, pensate un po', a ricordare che la
violenza è la manifestazione visibile di un disagio sociale terribile
che accomuna studenti, precari e giovani esclusi da qualsiasi speranza.
Tutto il polverone sugli infiltrati, i mitici black bloc, gli autonomi
redivivi, gli anarchici in trasferta rivela l'incapacità di comprendere
che la manifestazione di Roma non è che l'espressione di una turbolenza
profonda che non bisognerebbe emulsionare con gli stereotipi più triti.
In questo senso la lettera che Saviano ha indirizzato su la Repubblica
ai «ragazzi» del movimento è l'esempio perfetto dell'immagine irreale - a
metà tra il sogno e l'esorcismo - che nella sfera separata dei media ci
si vuol fare dei movimenti contemporanei.
Cento «imbecilli», come
dice Saviano? Al di là del tono paternalistico della missiva («ve lo
dico io che sono giovane come voi, credetemi»), colpisce l'incapacità di
entrare, se non altro con l'immaginazione, nelle motivazioni di persone
tagliate fuori, come centinaia di migliaia di loro coetanei, da
qualsiasi progetto, non dico di società, ma di sopravvivenza anche
immediata. Dove sarebbero, di grazia, caro Saviano e cari organi di
stampa, i black bloc tra i manifestanti oggi scarcerati? E dove i
violenti che agirebbero solo per brama di sfascio e poi, curiosa
contraddizione, appena arrestati, si metterebbero a «piagnucolare e a
chiamare la mamma» (ma chi glielo ha detto, a Saviano?).
I commenti
pubblicati dalla stessa Repubblica in coda alla letterina rendono bene
lo sconcerto, e in certi casi la rabbia, di tanti che magari si erano
identificati nel simbolo Saviano e ora si trovano etichettati come
imbecilli. Perché loro c'erano e hanno visto. E quanto all'invito ai
manifestanti a fare cortei in letizia e alle forze dell'ordine a
comportarsi bene, manganellando solo i cattivoni, beh, accidenti, come
sarebbe bello e democratico! Peccato però che le cose non vadano mai
così. Io mi ricordo bene Genova, perché c'ero e ho visto, e posso
assicurare Saviano che il comportamento pacifico di decine di migliaia
di dimostranti non li ha esattamente preservati dalle botte.
Questione
ben più seria è che sbocco avrà questo movimento, analogamente ad altri
che si diffondono in Europa, perfino nella già compassata Inghilterra.
Ma il primo passo per discuterne è prenderlo sul serio, rinunciare ai
luoghi comuni rassicuranti, non dar retta al pentitismo nazionale (in
cui sono specializzati, magari, ex sessantottini approdati ai media),
ascoltare prima di giudicare e, soprattutto, scendere dai pulpiti che
stanno un po' di spanne al di sopra del mondo reale.